
Le polemiche sono ferventi: in rete,tra i vari blog che si occupano di cinema e nelle parole di Citto Maselli dell’Anac (Associazione Nazionale Autori Cinematografici) “Si tratta di un precedente di una gravità estrema. In questo modo, infatti, si permette ad un film, di legittimo e straordinario valore commerciale, di accedere a quei circuiti riservati, invece, ai film italiani ed europei di qualità che soffrono di una visibilità limitata“ (fonte cineblog).
Sicuramente la situazione è paradossale, infatti, i crediti d'imposta e gli aiuti fiscali e monetari sono stati pensati per stimolare gli esercenti a dare spazio ai film culturalmente più stimolanti, mentre in questo caso andrebbero a sostenere una pellicola che non ne ha bisogno, le copie distribuite nel nostro paese sono 800 e già altissimi gli incassi registrati.
Come funziona il sistema di finanziamento del cinema?
"Lo Stato aiuta il cinema italiano dagli anni 30. È stato il regime fascista a mettere in piedi una serie di dispositivi legislativi che hanno aiutato l’industria del cinema a rinascere dalla situazione quasi di annullamento degli anni 20, e a svilupparsi al suo massimo livello negli anni 60 e 70. Gran parte di questi dispositivi, come la programmazione obbligatoria, i ristorni sugli incassi, sono o ancora in vigore o recentemente abrogati. Accanto a questi ci sono poi una serie di fondi statali cui il produttore può accedere per fare film". Si tratta ad esempio della legge Corona del 1963, aiuti statali in cambio del divieto di realizzare opere in lingua inglese (insomma cedere le possibilità di esportare il film all'estero in cambio di soldi certi) o del FUS (fondo unico per lo spettacolo) istituito nel 1985 per per fornire sostegno finanziario ad enti, istituzioni, associazioni, organismi e imprese operanti in cinema, musica, danza, teatro, circo e spettacolo viaggiante, alle attività cinematografiche spetta poco meno del 20% dei fondi stanziati per il 2009 (circa 70 milioni di euro). Prima della riforma Urbani (2005), la scelta dei film da finanziare era affidata a una commissione che valutava il progetto scritto del film, oggi è previsto un meccanismo che dovrebbe rendere più automatico il sistema del finanziamento, per lasciare meno spazio possibile alla soggettività del giudizio della commissione (e a politiche clientelari?), ad ogni aspetto del progetto filmico viene dato un punteggio, ad esempio se il suo autore, produttore, o attori protagonisti abbiano già fatto film, che abbiano avuto successo, siano stati a festival, abbiano ricevuto premi ecc. Il punteggio otale ottenuto viene poi corretto dalla commissione. Il rischio è quello di mettere in primo piano la commerciabilità o la fama degli attori nella valutazione qualitativa.
Questo ultimo caso balzato agli onori della cronaca alimenta ulteriormente le polemiche sul FUS: c'è chi è propenso a eliminarlo in quanto portatore di eccessivo paternalismo statale nel sistema culturale italiano e di inefficienze, proponendo metodi alternativi come la detassazione (percorso già accennato durante il ministero di Rutelli con il tax credit); e chi come il ministro Bondi medita di cambiare la legge in modo che solo alle opere prime vengano concessi i finanziamenti.
Situazione difficile da sbrogliare, bisogna tenere conto dell'impossibilità attuale per il settore artistico e culturale di potersi sostenere unicamente dai ricavati della vendita (basti pensare alla Lirica), a rende più accessibile possibile al pubblico gli eventi culturali (cioè gratuità o bassi costi dei biglietti) e la necessità di non sperperare denaro pubblico senza seguire progettualità e merito.
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